Ultimamente, grazie all’iniziativa di uno dei nostri giovani collaborator – Luca Ostini – specializzato nelle nuove tecniche dell’informazione, alfine di una migliore identificazione della FSM e dei suoi contenuti umanitari, ci siamo tra l’altro occupati di un restyling del logo della Fondazione, cercando di renderlo più dinamico.
È pure una buona occasione per spiegare finalmente il significato di questo logo che, per diversi motivi, e non solo di tecnica grafica, ha generato parecchie perplessità. C’è stato pure qualcuno che per semplificare il tutto ha risolto la questione identificando nei tratti del logo la “M” di Madagascar, ciò che sarebbe potuto anche essere vero ma non lo è.
I viaggiatori che hanno percorso la costa nord-occidentale di questa grande isola, tra Antsiranana e Mahajanga, sono dovuti restare sicuramente a bocca aperta quando si sono trovati davanti a vaste aree costituite da strane erezioni di calcare cristallino, formatesi in seguito all’accumularsi sul fondo marino di coralli morti, conchiglie e altri invertebrati.
I malgasci chiamano questi imponenti fenomeni carsici, frastagliati in aghi, frecce e cupole, gli “tsingy”. È prendendo spunto da una scogliera di una piccola isola del gruppo delle “Mitsio”, che cade a strapiombo in mare, disegnando una cascata di lame lucenti, infuocate al magico momento del tramonto, che i fondatori della FSM si sono inspirati per sottolineare che ogni iniziativa messa in cantiere deve rispettare i valori di solidarietà e reciprocità, profondamente ancorati nelle tradizioni della terra malgascia, seguendo l’esempio di questi “tsingy”, che traggono la loro origine dalle profondità marine.
È in questo senso che il restauro del logo della FSM va inteso: sì all’attività umanitaria, alla condizione di dinamicizzare l’auto-promozione di un modello di sviluppo sostenibile, rispettando obbligatoriamente l’essenza degli usi, dei costumi e delle tradizioni proprie della terra malgascia.
Come da procedura abituale, giovedì 22 aprile una delegazione della FSM si è recata a Andrianankonko per annunciare l’imminente inizio dei lavori del 17.mo acquedotto del programma “Acqua potabile per tutti” 2003-2010.
Andrianankonko è un villaggio dell’isola di Nosy Be, situato sulla costa nord-orientale, a qualche decina di metri sopra la strada principale che collega Hell-Ville alla sua punta nord.
Evidentemente la realizzazione della struttura dipende dall’accettazione di una convenzione, firmata dalle autorità comunali e i notabili del villaggio, rappresentati da un apposito comitato dell’acqua, eletto dall’assemblea generale del villaggio, contenente condizioni, doveri e diritti che gli abitanti dovranno obbligatoriamente rispettare.
In segno di buon auspicio, affinché i lavori possano iniziare quanto prima e terminare nei tempi previsti e senza causare né malattie né incidenti di sorta e che la sorgente possa dare acqua in abbondanza, durante tutto l’anno, a tutta la popolazione, il sabato seguente il decano del villaggio, accompagnato da alcuni notabili, si è recato presso la detta sorgente per praticare lo “jôro”, una cerimonia tradizionale che si celebra ogni qualvolta si dà inizio a una realizzazione di una certa importanza. Durante la stessa, grazie pure all’offerta di miele e rhum, ci si rivolge agli antenati affinché intercedano presso il Creatore per fare sì che i desideri espressi vengano accolti, ma soprattutto esauditi.
In entrambe le occasioni Fiorenzo Melera, membro del CdD e rappresentante residente della FSM in Madagascar, era sul posto per filmare l’evento, le cui immagini saranno incluse nel relativo documentario, come usanza vuole